Giorgio Parisi: “Il Pil misura le cose sbagliate. Per salvare il clima misuriamo la sostenibilità”

Giorgio Parisi: “Il Pil misura le cose sbagliate. Per salvare il clima misuriamo la sostenibilità”

Intervento del prof. Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica 2021, alla sessione inaugurale della riunione parlamentare pre-Cop26, Camera dei deputati 

“L’umanità deve fare delle scelte essenziali. Deve contrastare con forza il cambiamento climatico. Sono decenni che la scienza ci ha avvertito: i comportamenti umani stanno mettendo le basi per un aumento vertiginoso della temperatura del nostro pianeta. Sfortunatamente le azioni intraprese dai governi non sono state all’altezza di questa sfida e i risultati finora sono stati estremamente modesti.

Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti. Le inondazioni, gli uragani, le ondate di calore e gli incendi devastanti di cui siamo stati spettatori attoniti sono un timidissimo assaggio di quello che avverrà nel futuro su una scala enormemente più grande. Adesso incomincia a esserci una reazione forse più risoluta ma abbiamo bisogno di misure decisamente più incisive.

Dall’esperienza del Covid sappiamo che non è facile prendere misure efficaci in tempo, spesso le misure di contenimento della pandemia sono state prese in ritardo o solo in un momento in cui non erano più rimandabili. Sappiamo tutti che il medico pietoso fece la piaga purulenta, voi avete il dovere di non essere medici pietosi. Il vostro compito storico è di aiutare l’umanità a passare per una strada piena di pericoli. E’ come guidare la notte: le scienze sono i fari, ma poi la responsabilità di non andare fuori strada è del guidatore, che deve anche tener conto che i fari hanno una portata limitata.

Anche gli scienziati non sanno tutto. E’ un lavoro faticoso durante il quale le conoscenze si accumulano una dopo l’altra e le sacche di incertezza vengono pian piano eliminate. La scienza fa delle previsioni oneste, sulle quali si forma pian piano, gradualmente, un consenso scientifico. Quando l’Ipcf prevede che in uno scenario medio di riduzione dei gas serra la temperatura potrebbe salire tra i due gradi e i tre gradi e mezzo, questo intervallo è quello che possiamo stimare al meglio delle conoscenze attuali. Tuttavia deve essere chiaro a tutti che la correttezza dei modelli del clima è stata verificata confrontando le previsioni di questi modelli con il passato.

Se la temperatura aumenta più di 2 gradi entriamo in una terra incognita in cui ci possono essere anche altri fenomeni che non abbiamo previsto che possono peggiorare enormemente la situazione. Per esempio gli incendi di foreste colossali come quelle in Amazzonia emetterebbero quantità catastrofiche di gas serra, ma quando potrebbe accadere? L’aumento della temperatura non è controllato solo dalle emissioni dirette ma è mitigato da tantissimi meccanismi che potrebbero cessare di funzionare con l’aumento della temperatura. Mentre nei limiti inferiori dei 2 gradi è qualcosa su cui possiamo essere abbastanza sicuri, è molto più difficile capire quale sia lo scenario più pessimistico. Potrebbe essere anche molto ma molto peggiore di quello che noi ci immaginiamo.

Abbiamo di fronte un enorme problema che ha bisogno di interventi decisi, non solo per bloccare le emissioni di gas serra, ma anche di investimenti scientifici. Dobbiamo essere in grado di sviluppare nuove tecnologie per conservare l’energia, trasformandola anche in carburanti, tecnologie non inquinanti che si basano su risorse rinnovabili. Non solo dobbiamo salvarci dall’effetto serra ma dobbiamo evitare di cadere nella trappola terribile dell’esaurimento delle risorse naturali. Il risparmio energetico è anche un capitolo da affrontare con decisione. Per esempio finché la temperatura interna delle nostre case rimarrà quasi costante tra estate e inverno sarà difficile fermare le emissioni.

Bloccare il cambiamento climatico con successo richiede uno sforzo mostruoso da parte di tutti, è un’operazione con un costo colossale non solo finanziario ma anche sociale, con cambiamenti che incideranno sulle nostre esistenze. La politica deve far sì che questi costi siano accettati da tutti. Chi ha più usato le risorse deve contribuire di più in maniera da incidere il meno possibile sul grosso della popolazione. I costi devono essere distribuiti in maniera equa e solidale tra tutti i Paesi. I Paesi che attualmente incidono maggiormente sulle risorse del pianeta devono fare i più grandi sforzi.

Permettetemi di aggiungere una considerazione di natura economica. Il Pil dei singoli Paesi sta alla base delle decisioni politiche e la missione dei governi sembra essere quella di aumentare il Pil il più possibile, obiettivo che però è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico. Vorrei fare mie alcune parole che Robert Kennedy pronunciò nel lontano 18 marzo 1968 in una città del Kansas. “Il Pil comprende l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette e le autoambulanze per ripulire le nostre autostrade dalla carneficina. Comprende le serrature speciali per le nostre porte e le prigioni per le persone che le rompono. Comprende la distruzione delle sequoie e la perdita delle nostre meraviglie naturali come l’effetto di uno sviluppo caotico. Insomma, misura tutto. Tranne ciò che rende la vita degna di essere vissuta. E può dirci tutto sull’America tranne perché siamo orgogliosi di essere americani. Ed è così in tutto il mondo.”

Ora il Pil come abbiamo sentito ben 53 anni fa non è una buona misura dell’economia. Cattura la quantità ma non la qualità della crescita. Sono stati proposti indici diversi tra cui l’indice di sviluppo sostenibile e l’indice di benessere economico sostenibile. Se il Pil rimarrà al centro dell’attenzione come adesso, il nostro futuro sarà ben triste. Tutti coloro che pianificano il nostro futuro devono usare un indice che consideri altri aspetti oltre il Pil.

Bloccare il cambiamento climatico è un’impresa che impegnerà l’umanità per moltissimi anni e le nuove generazioni avranno un ruolo fondamentale. L’educazione è un punto cruciale. I giovani devono essere in grado di capire la situazione generale e di formarsi le proprie idee e devono essere ascoltati. Dobbiamo dare ai bambini un’educazione scientifica a partire dalla scuola materna ma per prima cosa devono imparare il metodo scientifico, a dedurre dalla propria esperienza.

L’educazione scientifica è un processo naturale e non si acquisisce ascoltando parole ma attraverso le esperienze sull’ambiente in modo tale da arrivare ad una visione chiara e che è necessaria per capire e dirigere il futuro della società umana. Ma spesso non si insegna in questo modo. Il futuro è dei giovani, i quali devono avere tutti gli strumenti che permettano loro di orientarsi in questo mondo complesso. Allora come vedete ho appena sfiorato tantissimi temi. Energia, ricerca scientifica, giustizia sociale, economia, educazione dei giovani. Affrontare queste problematiche e risolverle è il vostro compito, con il contributo di tutti, specialmente dei giovani.”

9 ottobre 2021