17 Giu Costituzione e ambiente: sentenza storica della Corte Costituzionale per la prima volta con i nuovi principi contenuti negli art. 9 e 41
“Misure governative che impongono la prosecuzione di attività produttive di rilievo strategico per l’economia nazionale o la salvaguardia dei livelli occupazionali, nonostante il sequestro degli impianti ordinato dall’autorità giudiziaria, sono costituzionalmente legittime soltanto per il tempo strettamente necessario per portare a compimento gli indispensabili interventi di risanamento ambientale” – scrive ANSA – Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n.105, depositata oggi, con la quale ha esaminato una questione sollevata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa nell’ambito di un procedimento relativo al sequestro degli impianti di depurazione di Priolo Gargallo, che a sua volta si iscrive in una più ampia indagine per disastro ambientale, ipotizzato a carico di varie aziende petrolchimiche operanti nella zona.
Nel vagliare la legittimità costituzionale di questo meccanismo, la Corte ha ricordato che la recente riforma costituzionale del 2022 ha attribuito espresso e autonomo rilievo, nel nuovo testo dell’art. 9, alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Inoltre, la riforma ha esplicitamente chiarito che la tutela della salute e dell’ambiente costituisce un limite alla stessa libertà di iniziativa economica. Tenendo conto di queste indicazioni, da un lato la Corte ha ritenuto non incompatibile con la Costituzione la previsione della possibilità per il Governo di dettare direttamente, in una situazione di crisi e in via provvisoria, misure conformi alla legislazione vigente, che consentano di assicurare continuità produttiva, contenendo il più possibile i rischi per l’ambiente, la salute e la sicurezza dei lavoratori. Dall’altro lato, queste misure – la cui effettiva osservanza dovrà essere costantemente monitorata dalle autorità competenti – dovranno comunque “tendere a realizzare un rapido risanamento della situazione di compromissione ambientale o di potenziale pregiudizio alla salute determinato dall’attività delle aziende sequestrate”, e non invece “a consentirne indefinitamente la prosecuzione attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela di tali beni”.
In applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittima la mancata previsione, nella norma esaminata, di un termine massimo di 36 mesi di operatività delle misure in questione. Entro questo termine, occorrerà in ogni caso assicurare il completo superamento delle criticità riscontrate in sede di sequestro e ripristinare gli ordinari meccanismi autorizzatori previsti dalla legislazione vigente.
Di seguito il commento dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile alla sentenza della Corte Costituzionale basata sui nuovi art. 9 e 41 della Costituzione, modificati nel 2022 dal Parlamento all’unanimità a seguito dell’iniziativa avviata dall’ASviS nel 2016.
Ecco una sintesi redatta dall’ex-senatore Andrea Ferrazzi (che svolse un ruolo cruciale nella predisposizione della riforma), dalla quale si percepisce immediatamente la portata straordinaria e “storica” della sentenza.
“La sentenza 105/2024 della Corte costituzionale pubblicata oggi è relativa al ‘Decreto Priolo’ del 2023 del Governo. È la prima volta che la Suprema corte interviene esplicitamente citando la riforma della Costituzione in chiave ambientale e per la difesa delle future generazioni. La sentenza della Corte afferma che una disciplina che deroga rispetto alla normativa ordinaria di tutela della salute e dell’ambiente in relazione ad attività produttive, anche se di interesse strategico nazionale, è costituzionalmente legittima solo se temporanea. Per cui misure governative che impongono la prosecuzione di attività produttiva, anche se di livello strategico per l’economia nazionale o la salvaguardia del livelli occupazionale, sono costituzionalmente legittime soltanto per il tempo strettamente necessario per portare a compimento gli indispensabili interventi di risanamento ambientale. La Corte ha dunque ritenuto che è costituzionalmente illegittima la mancata previsione nel decreto del governo di un termine massimo di 36 mesi di operatività delle misure in questione ed è illegittimo consentire indefinitamente la prosecuzione attraverso un semplice abbassamento del livello di tutela dei beni della salute, dell’ambiente e della sicurezza dei lavoratori”.